Maledetti Francesi
canti ribelli e vite da chansonnier

Ritorna il successo editoriale di Giangilberto Monti sulla chanson française, che ha intrecciato per almeno un secolo, dal 1880 al 1980, musica, poesia, teatro, jazz, politica e cinema, facendo sognare soprattutto noi italiani, grazie all’irripetibile capacità dei suoi interpreti, gli chansonnier, di trasfondere una nell’altra la vita e la musica. Maledetti Francesi è un viaggio musicale che presenta in tutta la sua dirompente modernità la chanson, dai precursori realisti (Aristide Bruant e Yvette Guilbert), alle rockstar Renaud e Johnny Hallyday, passando per autentici miti come Boris Vian, Leo Ferré, Georges Brassens, Jacques Brel, Serge Gainsbourg, Yves Montand, Herbert Pagani, e per le voci senza tempo di Barbara, Juliette Gréco ed Édith Piaf. Da Saint-Germain-des-Prés alle banlieues, la chanson ha portato un messaggio vitale,  anarcoide e canagliesco che forse non esiste più, ma almeno nei dischi (e in questo libro) esce dal romanticismo in cui i tempi l’hanno relegato per rivivere in tutta la sua inarginabile carica umana. (Miraggi Editore, Torino 2018)

Boris Vian, Libro - Giangilberto MontiGiangilberto Monti
BORIS VIAN
Il principe delle notti di Saint-Germain-des-Prés
Miraggi Edizioni

– Signora Michelle, mi spiega come mai Boris, che nel ’46 ha un fior di contratto con Gallimard, affida a un piccolo editore il suo romanzo forse più noto? – Vuol sapere la verità o i pettegolezzi? – Be’, decida lei… – Allora gliela racconto domani. E per favore, cambi quella sciarpina, è orribile.

Un viaggio romanzesco nel mondo anarcoide e innovativo del geniale artista francese, visssuto nell’affascinante Parigi del dopoguerra. Scrittore, poeta, ingegnere, musicista e molto altro ancora, di Boris Vian si raccontano le sue origini come trombettista jazz e ispiratore culturale delle notti esistenzialiste, al Tabou o ai Trois Baudets, fino alle invenzioni rock composte con l’amico fantasista Henri Salvador, uno dei primi interpreti delle sue folli canzoni, insieme alla cantante-attrice di origini turche Magali Noël. Nelle fumose serate dei locali di Saint-Germain-des-Près, il genio ironico di Vian conciliò nell’immediato dopoguerra il jazz delle prime formazioni miste di performer europei e musicisti afroamericani con il meglio della chanson française, aprendo la strada negli annni Cinquanta agli chansonniers d’oltralpe più sperimentali, come Jacques Higelin o Serge Gainsbourg, e alle interpreti amate dal pubblico dell’epoca, da Catherine Sauvage a Juliette Gréco. Ma Vian fu anche geniale romanziere, autore di uno scandalo letterario senza precedenti – Sputerò sulle vostre tombe – ironico poeta e autore teatrale d’avanguardia, critico musicale, scopritore di talenti e traduttore di brani raffinati, dalle melodie brechtiane agli hit dei film musicali americani. Le sue contaminazioni musicali affascinarono e influenzarono scrittori e intellettuali come Jean-Paul Sartre, autori e poeti come Paul Eluard e Jacques Prévert e i pionieri discografici del tempo, da Eddy Barclay a Jacques Canetti, suo sostenitore assoluto, per i quali organizzava memorabili serate a base di Jazz hot e folli reading poetici, tra patafisica e realtà, in una Parigi ribelle mai dimenticata, che sotto il pavé coltiva ancora quelle anarchiche utopie che l’arte di Boris Vian e dei suoi compagni di viaggio, ha sempre reso possibili.


Giangilberto Monti & Paolo Tomelleri Jazz Stars

Esplorare il vasto repertorio musicale che Dario Fo ha firmato in carriera, passando dai brani scritti con Fiorenzo Carpi per il teatro alle ballate ironiche composte con Enzo Jannacci per il cabaret, senza trascurare il repertorio melodico degli esordi televisivi o quello più barricadero negli anni della Palazzina Liberty, accompagnato dalla chitarra di Paolo Ciarchi, è l’omaggio che lo chansonnier Giangilberto Monti offre a uno dei suoi maestri d’arte scenica. Il repertorio musicale di Fo – Premio Nobel per la letteratura nel 1997 – è stato finora praticato dal suo autore in teatro e su disco da Enzo Jannacci, coautore di una ventina di brani poetici, buffoneschi e stralunati, spesso diventati popolari. Ma riprendere quel mondo musicale significa anche ripercorrere una parte importante della storia del nostro paese, di cui Fo è stato spesso portavoce. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro del Buratto e andato in scena al Teatro Munari di Milano nel maggio 2018, è stato ripreso la stagione successiva nella stessa sala e durante l’estate, al Castello Sforzesco di Milano. Da questo sito lo potete anche acquistare in streaming 

Giangilberto Monti – canto e narrazione
Tony Arco – batteria
Fabrizio Bernasconi – pianoforte
Sergio Farina – chitarra
Marco Mistrangelo – contrabbasso
Paolo Tomelleri – clarinetto

Powerillusi & Friends
31 anni tra rock e cabaret
(Nota, 2018)

Dal 1987  i torinesi Powerillusi viaggiano tra rock demenziale, cabaret e canzone d’autore umoristica e qui ripercorrono in un doppio CD la loro storia attraverso molte canzoni del loro passato, rilette e riarrangiate “with a little help from their friends”.
“Un’occasione per ripercorrere questi trent’anni riscoprendo qualche vecchia canzone che avevamo messo da parte, dall’altro per rivedere gli amici musicisti e socializzare non solo in studio di registrazione ma anche davanti a una pizza e una birra, a chiacchierare di musica ma non solo. Per il pubblico che ci segue questo disco è la possibilità di ascoltare i brani che conoscono con nuovi vestiti, mentre chi non ci conosce, chissà, potrebbe essere incuriosito e provare ad ascoltare le versioni originali. Tranne poche eccezioni, ogni ospite ha scelto la canzone da eseguire” (Vito Vita e Vince Ricotta)
Allah è al bar (Powerillusi & Giangilberto Monti)
Giangilberto Monti voce, Paolo Rigotto voce, batteria, tastiere e cori, Vito Vita basso e cori, Vince Ricotta chitarra e cori
“Durante la lavorazione del disco, Giangilberto Monti ci ha proposto di iscriverci alle selezioni per il Festival di Sanremo 2018 con un brano inedito: abbiamo quindi scritto questa canzone, con un testo che ci sembra particolarmente attuale in questo periodo e che è un messaggio di fratellanza tra i popoli, al di là delle differenze di cultura e religione. La commissione artistica presieduta da Claudio Baglioni ha scartato il brano” (Powerillusi)
Matrimoni e funerali (Giangilberto Monti)
Giangilberto Monti voce, Alessandra Mostacci tastiere, Guido Baldoni fisarmonica, Marco Carena cori
Matrimoni e funerali è un brano ska tratto da Il ritorno dei Powerillusi, che in questo nuovo album è stato completamente riarrangiato diventando un valzer che sembra uscito fuori dalla Parigi degli anni ’50 di Boris Vian e Mouloudji: e chi poteva quindi eseguirla se non Giangilberto Monti, che ha dedicato molti suoi lavori sia discografici che editoriali alla canzone francese? Lo abbiamo conosciuto tramite Paolo Rigotto, fonico di suoi due album, mentre la pianista Alessandra Mostacci, che qui suona le tastiere, ha spesso collaborato con lo stesso Rigotto e il suo studio, FreakOne” (Powerillusi)

 tracklist CD 1

  1. Uno due tre prova – Dottor Lo Sapio e Giorgio Scapecchi
  2. Non siamo mica musicisti – Gli Avvoltoi
  3. Io mi quoto in borsa – Fanali di Scorta
  4. Per fare un disco – Fabio KoRyu Calabrò
  5. Saremo famosi – Valerio Liboni e i Powerillusi
  6. Il bagno degli altri – Marco Carena
  7. Cavolfiore chanson – Il conciorto
  8. Quella della radio – Tony Borlotti e i suoi Flauers
  9. Quella rap – Mirafiori Kidz
  10. Improvvisamente – Powerillusi
  11. Il loro primo 45 giri – Potage
  12. Quella del papà – Mao
  13. La voglia di non lavorare – Alessio Lega
  14. Quella dei merenderos – Powerillusi
  15. Quella del rock – Truzzi Broders
  16. Sessantanove – Paco D’Alcatraz e i Powerillusi
  17. Ma io ti amavo – Gerry dei Brutos e i Powerillusi

 tracklist CD 2

  1. Non ho più niente (ma sono felice) – Massimo Lajolo
  2. Forma di chiappa – Matteo Castellano
  3. Non bago – Figli di Guttuso
  4. Matrimoni e funerali – Giangilberto Monti
  5. Superpezzo – Skiantos
  6. Qualcuno ci spieghi il jazz – The Essence Quartet
  7. Quella della ciabatta – Cristiana Maffucci e i Powerillusi
  8. La nostra song inglese – Omar Pedrini
  9. DIsco Mixion – Pino D’Angiò e i Powerillusi
  10. Che bello sto male – Johnson Righeira e i Powerillusi
  11. Par condicio blues – Koorina e gli MP3
  12. Allah è al bar – Giangilberto Monti e i Powerillusi
  13. Olio di palma – Powerillusi
  14. Il bambino povero – Coro Vocal ExCess

 crediti
Testi e musiche Vince Ricotta, tranne Quella della radio, Il bambino povero e Par condicio blues (Vito Vita); La nostra song inglese, Improvvisamente e Ma io ti amavo (Vince Ricotta e Vito Vita); Allah è al bar (Vito Vita, Giangilberto Monti, Vince Ricotta e Paolo Rigotto). Produzione artistica, organizzazione e note biografiche Vito Vita. Graphic design e impaginazione, Linda Fierro. Direzione artistica Nota di Udine, Valter Colle

Guardie & Ladri
new edition remastering
(Sony Music, 2018)

A trentacinque anni dalla sua pubblicazione in vinile, Sony Music ripropone in digitale il racconto musicale di Giangilberto Monti, uscito nel novembre 1982: il primo “musical discografico” nella storia del pop-rock italiano. Affidate le musiche a Flavio Premoli – colonna portante della storica PFM – e gli arrangiamenti a Roberto Colombo, produttore di punta di quegli anni e raffinato music maker di molta musica d’autore, il disco realizza una precisa ricerca sonora: elettrorock di alto livello, ospitalità vocali d’eccezione, ritmo da world music, effetti sonori studiati a tavolino e molto lavoro di studio.

L’utopistica favola musicale di Giangilberto Monti, ispirata a una sorta di pacifismo ribelle e ambientata dopo la fine del mondo, nelle gallerie abbandonate della metropolitana, fu registrata a Milano nell’estate del 1982. Al tappeto etnico-percussivo il performer Luis Agudo, agli assoli di sax il tropicalista Hugo Heredia, alle chitarre l’esperto musicista Massimo Luca e a tutto il resto l’accoppiata Colombo-Premoli. Tra le voci ospiti, il rocker Bernardo Lanzetti – già voce solista della PFM – il cantautore Alberto Camerini, la cantante Anna Oxa, il frontman del Banco del Mutuo Soccorso – Francesco Di Giacomo – e l’ideautore Giangilberto Monti, oggi chansonnier e scrittore, qui in veste di narratore e interprete.
La particolarità di questa nuova edizione, totalmente rimasterizzata, è la sua commercializzazione in versione integrale. L’accoppiata tra parlati e canzoni – che allora veniva proposta solo dal vivo – si può finalmente ascoltare nella sua interezza. Il risultato è un vero e proprio racconto musicale, così com’era indicato sulla copertina, che richiamava la fumettistica in voga negli anni Ottanta. Tra gli speaker di allora, da citare i due dee-jay Lisa Mazzotti e Guido Robustelli, mentre la vera chicca di questa versione è la bonus-track “Guardie da Rock”, nella quale l’autore duetta con Alberto Camerini, che grazie alla sua rivisitazione della maschera di Arlecchino, scalava nel periodo le classifiche di vendita. Di “Guardie e Ladri”, vanno poi ricordati almeno altri due brani: “Gino, le parole”, splendida performance vocale di Anna Oxa – a lungo nelle playlist radiofoniche di allora – e il duetto tra lo stesso Monti e Francesco di Giacomo in “Balla bella”, un ritornello pop tra i più eseguiti di quell’opera.

(dal parlato iniziale) “Come in un film. Dopo la fine del mondo, l’umanità vive sottoterra, nei metrò delle grandi città. Unico cibo, i panini. Unico gioco, il flipper elettronico. Unico bar, le stazioni abbandonate della metropolitana. Nelle gallerie, infestate da zanzare, solo i ladri da metrò resistono al governo centrale. E mentre il computer programma la vita dei sopravvissuti, l’unica via di fuga è la “Grande Estrazione” (…) Con Drugstore il paninaro; Gino il Cantante; Rolling e Rock, le guardie da rock; Flipperfix, il mago del tilt. E con i terroristi della luna grigia, i giovani ladri da metrò. La Grande Estrazione! Guardie e Ladri: “Ma che bella questa vita /se c’è vita c’è fortuna /non vogliamo che la terra / si trasformi in una luna”

ideazione e testi Giangilberto Monti
arrangiamenti Roberto Colombo
musiche Flavio Premoli

Le canzoni del signor Dario Fo
(Fort Alamo/Warner Music, 2018)

Esplorare il vasto repertorio musicale che Dario Fo ha firmato in carriera, passando dai brani scritti con Fiorenzo Carpi per il teatro alle ballate ironiche composte con Enzo Jannacci per il cabaret, senza trascurare il repertorio melodico degli esordi televisivi o quello più barricadero negli anni della Palazzina Liberty, accompagnato dalla chitarra di Paolo Ciarchi, è l’omaggio che lo chansonnier Giangilberto Monti offre a uno dei suoi maestri d’arte scenica. Il repertorio musicale di Fo – Premio Nobel per la letteratura nel 1997 – è stato finora praticato dal suo autore in teatro e su disco da Enzo Jannacci, coautore di una ventina di brani poetici, buffoneschi e stralunati, spesso diventati popolari. Ma riprendere quel mondo musicale significa anche ripercorrere una parte importante della storia del nostro paese, di cui Fo è stato spesso portavoce.
tracklist
1)    Stringimi forte i polsi (Fo-Chiosso-Carpi-Cichellero)
2)    Non fare tilt (Fo-Carpi)
3)    La forza dell’amore (Jannacci-Fo-Jannacci)
4)    La luna è una lampadina (Fo-Carpi)
5)    Hanno ammazzato il Mario (Fo-Carpi)
6)    La stampa (Fo-Ciarchi)
7)    Ho visto un re (Fo)
8)    Vengo anch’io, no tu no (Fo-Jannacci-Fiorentini-Jannacci)
9)    Veronica (Ciotti-Fo-Jannacci)
10) Prete Liprando e il giudizio di Dio (Fo-Jannacci)
11) L’Armando (Jannacci-Fo-Jannacci)
12) T’ho compràa i calzett de seda (Fo-Jannacci)
13) Il giovane di Tunisi (Fo-Carpi)
14) La mia morosa la va alla fonte (Fo-Jannacci)
15) Ma che aspettate a batterci le mani (Fo-Carpi)

crediti
Giangilberto Monti – ideazione artistica e voce
Paolo Tomelleri – clarinettista
Tony Arco – batteria
Fabrizio Bernasconi – tastiere
Celeste Castelnuovo – cori
Sergio Farina – chitarra
Marco Mistrangelo – contrabbasso
Massimo Faggioni – studio & live sound engineer
(2017, Fonologie Monzesi Recording studio)

maledetti_fMaledetti Francesi (2017)
canti ribelli e vite da chansonnier

Dopo performance da cabaret, saggi comico-musicali e progetti teatrali, Giangilberto Monti riassume il repertorio francese che ama da sempre. Le sue traduzioni di Vian, Ferré, Gainsbourg e Renaud, sono state pubblicate su album musicali, saggi e libri storici, come il suo Maledetti Francesi (2011, NdA), citata da Gianni Mura su Repubblica come tra i libri da ricordare di quell’anno. Qui lo chansonnier milanese racconta a braccio gli esordi del cantautorato francese, ricorda aneddoti e frammenti di storia d’oltralpe, parla di come la canzone d’arte abbia attraversato il Novecento. E lo fa interpretando le più belle canzoni dei maudits francesi per eccellenza: dalla poliedricità di Boris Vian ai testi disperati e barricaderi di Leo Ferré, dalle provocazioni poetiche di Serge Gainsbourg agli sberleffi di Georges Brassens, uno dei principali ispiratori del cantautorato italiano, e all’ironica durezza di Renaud, l’ ultimo dei classici maudits. Le utopie e il ribellismo di sempre si ritrovano nelle parole di questi artisti, tra folk e ballad d’autore, che Monti interpreta accompagnato dai suoi musicisti. Una narrazione musicale da conduttore appassionato e curioso, mostrando al pubblico quella contaminazione tra poesia, musica e comicità, da sempre patrimonio dei nostri cugini francofoni.

Giangilberto Monti – canto, chitarra e narrazione
Bati Bertolio – tastiere e fisarmonica
Paolo Rigotto – percussioni

E sempre allegri bisogna stare
RSI – speciale Rete Uno (23 ottobre 2017)
Giangilberto Monti & Paolo Tomelleri
conduzione Gianluca Verga

Esplorare il vasto repertorio musicale che Dario Fo ha firmato in carriera, passando dai brani scritti con Fiorenzo Carpi per il teatro alle ballate ironiche composte con Enzo Jannacci per il cabaret, senza trascurare il repertorio melodico degli esordi televisivi o quello più barricadero negli anni della Palazzina Liberty, accompagnato dalla chitarra di Paolo Ciarchi, è l’omaggio che lo chansonnier Giangilberto Monti offre a uno dei suoi maestri d’arte scenica. Il repertorio musicale di Fo – Premio Nobel per la letteratura nel 1997 – è stato finora praticato dal suo autore in teatro e su disco da Enzo Jannacci, coautore di una ventina di brani poetici, buffoneschi e stralunati, spesso diventati popolari. Ma riprendere quel mondo musicale significa anche ripercorrere una parte importante della storia del nostro paese, di cui Fo è stato spesso portavoce.

Dario Fo ha sempre usato la musica nei suoi spettacoli, non solo per rimarcare il suo ostinato ribellismo o cantarci sopra, ma anche per ragionarci: dalle prime note scritte con il poliedrico compositore Fiorenzo Carpi negli anni Cinquanta alle ballate ideate con i napoletani delle Nacchere Rosse, nel terzo millennio. E se “il signor Dario Fo” – che di canzoni ne ha scritte oltre 250 – non ha mai smesso di voler divertire il pubblico, ha sempre ricordato che tra una rima e l’altra “sempre allegri bisogna stare, perché il nostro piangere fa male al re”. Che detto dal principe dei buffoni, non è poco.

“Dario Fo è stato un mio maestro e negli anni ho cercato di non perdere mai il filo del suo lavoro musicale. Dopo il libro in cui ho riassunto la sua passione per le sette note – “E sempre allegri bisogna stare (Giunti, 2017) – ho deciso di reinterpretare alcune sue canzoni. E ho voluto ricreare quell’atmosfera jazz elegante e divertita da cui era partita la coppia Fo-Jannacci, grazie anche a un protagonista di quelle composizioni, il clarinettista e arrangiatore Paolo Tomelleri, coadiuvato da musicisti di grande levatura: Sergio Farina alla chitarra, Tony Arco alla batteria, Marco Mistrangelo al contrabbasso e Fabrizio Bernasconi alle tastiere. E nel recital che accompagna questi brani racconto anche alcuni aneddoti, noti e meno noti, sulla carriera musicale di Fo, dalla nascita della sua canzone-manifesto Ho visto un re alla contesa tra Jannacci e De André sulla ballata medioevale La mia morosa la va alla fonte. Senza mai dimenticare la figura dell’amata Franca Rame e la genialità trascinante di questo signore della scena: l’autore italiano più rappresentato al mondo, anche se molti di noi non se ne sono mai accorti” (Giangilberto Monti)

CONCERTO PER COLUCHE (2017)
radiodramma musicale di Giangilberto Monti
regia Claudio Laiso
produzione Francesca Giorzi (Rete Due RSI)
originale radiofonico in 8 puntate
con Flavio Sala (Coluche), Alessandra Felletti (Miou Miou), Claudio Moneta (Georges Moustaki), Jasmine Laurenti (Véronique Kantor), Augusto Di Bono (Paul Lederman), Antonio Zanoletti (François Cavanna), Giangilberto Monti (Renaud) e con Mario Cei (Romain Bouteille), Margherita Coldesina (Fred Romano) e Matteo Carassini (giornalista).
Presa del suono, editing e sonorizzazione Thomas Chiesa.

Michele Colucci, in arte Coluche, è stato il più geniale “comico politico” di Francia. Irriverente. Cattivo. Anarchico. Volgare. Eccessivo. Individualista. Provocatore. Depresso. Ribelle. Alcolizzato. Drogato. Politicamente scorretto. Il suo talento esplode negli anni Settanta, supportato da riviste come “Harakiri” e “Charlie Hebdo”. E quando, ormai famoso, si candidò a sorpresa alle Presidenziali del 1981, il suo manifesto elettorale diventò un violento j’accuse contro la corruzione e l’insipienza dei politici francesi, nessuno escluso: “Prima di me la Francia era divisa in due, con me sarà piegata in quattro dal ridere”. Aveva il 16% nei sondaggi quando – in circostanze oscure – decise di ritirarsi.

Dopo una lunga depressione Coluche risalì la corrente, si cimentò in ruoli di successo al cinema, lanciò una campagna nazionale contro la povertà, mise d’accordo l’intero paese e programmò il suo ritorno sulle scene, ma non ci riuscì. Morì nel 1986 a soli 41 anni d’età, in un banale incidente stradale a tutt’oggi mai chiarito, poi rievocato dal suo grande amico Renaud, stella del rock d’autore francese, in un’amara e appassionata ballata.

E’ la prima volta che Renaud autorizza adattamenti in italiano delle sue canzoni. E in questo radiodramma ne propongo alcune tra le sue più belle, anche perchè le mie prime composizioni non erano molto dissimili dalle sarcastiche ballate del cantore delle periferie parigine. Ho infatti immaginato che i protagonisti della carriera di Coluche – il suo impresario storico, le compagne di una vita, lo chansonnier Georges Moustaki e il giornalista François Cavanna – si ritrovassero una sera al Bobino di Parigi, poco prima del concerto di Renaud, per celebrare non solo un amico ma anche lo storico Cafè de la Gare, il teatro-cabaret che aprì una stagione importante nella storia francese, quando la satira arrivò a scardinare perfino gli equilibri politici del paese.

Raccontare la storia di Coluche significa interrogarsi su un paradosso: la comicità è una branca della politica e la satira è un ingrediente necessario alla democrazia? Oppure è vero il contrario, e oggi la politica è solo una delle tante industrie dello spettacolo? Sia quel che sia, anche grazie alla vita del buffone più amato di Francia, ho voluto affrontare l’ultimo dei maudits d’oltralpe, perchè sotto il pavè credo si trovi ancora la spiaggia dell’utopia. E non smetterò mai di crederci… (Giangilberto Monti)

COP-FOE sempre allegri bisogna stare
Le canzoni del signor Dario Fo

Pp. 160 GIUNTI EDITORE – collana Bizarre

Esplorare il vasto repertorio musicale che Dario Fo ha firmato in carriera, passando dai brani scritti con Fiorenzo Carpi per il teatro alle ballate ironiche composte con Enzo Jannacci per il cabaret, senza trascurare il repertorio più melodico degli esordi televisivi o quello più barricadero negli anni della Palazzina Liberty, accompagnato dalla chitarra di Paolo Ciarchi, è stato l’obiettivo dello chansonnier Giangilberto Monti, in questo lungo “racconto musicale” ispirato a uno dei suoi maestri d’arte scenica.

Quello di Fo è forse uno dei repertori più amati ma anche meno praticati sul palco – a parte lo stesso autore e il suo alter ego musicale, Jannacci – e conoscerne le metafore poetiche, i ritornelli buffoneschi o le strofe più stralunate, significa anche ripercorrere una parte importante della storia del nostro paese, di cui è stato spesso portavoce. Il suo ostinato ribellismo, negli anni più oscuri del nostro paese, è testimoniato in questo libro dalle parole di Vito Molinari – regista e coautore della pluricensurata Canzonissima 1962 – dai ricordi del raffinato teatrante Filippo Crivelli o dalla lunga storia musicale del “tuttofonista” Paolo Ciarchi e dei suoi compari di scena, Ivan Della Mea e Giovanna Marini. Ma anche da figure più dimenticate, come le attrici Nicoletta Ramorino e Graziella Galvani, testimoni degli esordi di Fo al fianco di Franco Parenti e Giustino Durano, che ricordano i primi esperimenti di “grammelot”, uno degli esercizi scenici preferiti dal loro maestro mimico, Jacques Lecoq.Fo ha sempre usato la musica nei suoi spettacoli, non solo per cantarci sopra, ma anche per ragionarci: dalle prime note scritte con il cantante-pianista Vittorio Paltrinieri e il poliedrico compositore Fiorenzo Carpi, alle ballate firmate con i napoletani delle Nacchere Rosse nel terzo millennio. E se il nostro ultimo Premio Nobel – autore di oltre 250 canzoni – non ha mai smesso di voler divertire il pubblico, non ha nemmeno dimenticato che tra una rima e l’altra “sempre allegri bisogna stare”, proprio perché il nostro piangere fa male al re. Che detto dal principe dei buffoni, non è poco.

“Dario Fo è stato un mio maestro, anche se questo libro non vuole esserne una santificazione. Dopo un recital di sue canzoni, che avevo messo in scena nel 1999, ho cercato di non perdere mai il filo del suo lavoro musicale. Il mio ultimo album contiene un suo inedito (“Alla fine della festa”), ma un libro mi sembrava il modo migliore per riassumere la sua passione per le sette note.  Però non m’interessava elencare una raccolta di testi, ma raccontare un mondo artistico affascinante e complesso. Ci sono amare verità, aneddoti scomodi – dai litigi con gli eredi Brecht alla dubbia paternità della canzone-manifesto Ho visto un re – dialoghi immaginari ma verosimili tra i suoi protagonisti, contrasti di coppia e furbizie da mestierante, egotismi senza freno e millanterie d’artista. Ma anche collaborazioni poco note, bellissimi versi e litigate tra star della canzone d’autore, come nel caso di La mia morosa la va alla fonte. E in tutto questo, spicca la grande capacità organizzativa dell’amata Franca Rame e la genialità trascinante di questo signore della scena: l’autore italiano più rappresentato al mondo, anche se molti di noi non se ne sono accorti. E se pensate che, da vivo, Dario Fo non è mai riuscito a ottenere ufficialmente un teatro nella sua città, chissà se finalmente si decideranno a intitolargliene uno adesso” (Giangilberto Monti)

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